Libri consigliati
Heridas, traduzione a cura di Maria Cristina Secci
Recensione a cura di Cristina di "Racconti in valigia"
Se si pensa alla Colombia vengono in mente violenza, narcotraffico, la lotta dello Stato alle Farc, immigrazione, esilio; una pace difficile da trovare.
La narrativa che si sviluppa a partire dal 1958 e fino al 1965 cambia volto rispetto alle precedenti narrazioni. Il fil rouge non è più solo violenza narrata attraverso torture, esili e confische, ma diviene l’introspezione e la poetizzazione dell’odio. Del resto la letteratura non deve sempre raccontare quel tipo di realtà; e quella colombiana, in particolar modo, può farsi portavoce di un’idea nuova di narrazione, dare una punalada trampera alla tradizione e dare alla stampa una letteratura nazionale diversificata come diverso è il Paese che rappresenta: la Colombia coi suoi quartieri e le sue città. Le vicende si snodano anche negli Stati Uniti, paese di approdo per i tanti migranti colombiani. A tal proposito, anche i nostri 22 scrittori sono andati via dal loro paese, alcuni per sempre, altri per farvi ritorno “ Dopo diversi anni in Europa la mia idea di patria si è ampliata e sento di aver fatto ritorno a una ben più grande: America Latina”. [ Cardenas].
Questa antologia, pubblicata in Itala da Gran Via e tradotta da Maria Cristina Secci, è scritta da una generazione di scrittori, nati tra gli anni Settanta e Ottanta, alcuni già affermati, altri emergenti, che la violenza decidono di decifrarla, di analizzarla. Essa c’è ma non si vede. Come un trucco di magia che però non strappa una risata. In Heridas emerge l’aspetto introspettivo e a volte crudo dell’esistenza umana. Si narra una Colombia fatta di quartieri, città e persone. Persone che nascondono un lato oscuro nell’anima. Si parla di invidia, di rapporti di coppia conflittuali, delle difficoltà di essere genitori, di un vescovo furbetto e i sogni dei bambini. Di una girandola colorata e letteratura. Passeggiamo con Patricia in una Bogotà difficile, quella degli emarginati, vendiamo caffè con dignità sognando un’attività tutta nostra. Che il sogno si sia poi avverato grazie a quella preghiera nella Chiesa Veinte de Julio?! Chi lo sa. Del resto, la Colombia è anche questo: fede.
Il risultato è un quadro variopinto come il paese che si sta ritraendo: un paese ben conosciuto dai nostri autori, i quali portano sulle loro spalle un fardello importante; la consapevolezza che la Colombia ha bisogno di una nuova letteratura, un nuovo modo di narrazione che la riscatti dal suo passato e che possa mostrare quanto colorata, verdeggiante, soleggiata e divertente sia.
Essa è molto più di quello che ci è stato tramandato. Agli scrittori di oggi, va la responsabilità di offrire le sfumature nuove della letteratura latina, un po’ come quelle del mar Caribe che ogni giorno abbracciano le spiagge di Cartagena.
Recensione a cura di Cristina di "Racconti in valigia"
Se si pensa alla Colombia vengono in mente violenza, narcotraffico, la lotta dello Stato alle Farc, immigrazione, esilio; una pace difficile da trovare.
La narrativa che si sviluppa a partire dal 1958 e fino al 1965 cambia volto rispetto alle precedenti narrazioni. Il fil rouge non è più solo violenza narrata attraverso torture, esili e confische, ma diviene l’introspezione e la poetizzazione dell’odio. Del resto la letteratura non deve sempre raccontare quel tipo di realtà; e quella colombiana, in particolar modo, può farsi portavoce di un’idea nuova di narrazione, dare una punalada trampera alla tradizione e dare alla stampa una letteratura nazionale diversificata come diverso è il Paese che rappresenta: la Colombia coi suoi quartieri e le sue città. Le vicende si snodano anche negli Stati Uniti, paese di approdo per i tanti migranti colombiani. A tal proposito, anche i nostri 22 scrittori sono andati via dal loro paese, alcuni per sempre, altri per farvi ritorno “ Dopo diversi anni in Europa la mia idea di patria si è ampliata e sento di aver fatto ritorno a una ben più grande: America Latina”. [ Cardenas].
Questa antologia, pubblicata in Itala da Gran Via e tradotta da Maria Cristina Secci, è scritta da una generazione di scrittori, nati tra gli anni Settanta e Ottanta, alcuni già affermati, altri emergenti, che la violenza decidono di decifrarla, di analizzarla. Essa c’è ma non si vede. Come un trucco di magia che però non strappa una risata. In Heridas emerge l’aspetto introspettivo e a volte crudo dell’esistenza umana. Si narra una Colombia fatta di quartieri, città e persone. Persone che nascondono un lato oscuro nell’anima. Si parla di invidia, di rapporti di coppia conflittuali, delle difficoltà di essere genitori, di un vescovo furbetto e i sogni dei bambini. Di una girandola colorata e letteratura. Passeggiamo con Patricia in una Bogotà difficile, quella degli emarginati, vendiamo caffè con dignità sognando un’attività tutta nostra. Che il sogno si sia poi avverato grazie a quella preghiera nella Chiesa Veinte de Julio?! Chi lo sa. Del resto, la Colombia è anche questo: fede.
Il risultato è un quadro variopinto come il paese che si sta ritraendo: un paese ben conosciuto dai nostri autori, i quali portano sulle loro spalle un fardello importante; la consapevolezza che la Colombia ha bisogno di una nuova letteratura, un nuovo modo di narrazione che la riscatti dal suo passato e che possa mostrare quanto colorata, verdeggiante, soleggiata e divertente sia.
Essa è molto più di quello che ci è stato tramandato. Agli scrittori di oggi, va la responsabilità di offrire le sfumature nuove della letteratura latina, un po’ come quelle del mar Caribe che ogni giorno abbracciano le spiagge di Cartagena.
La mia amica Cristina propone libri da leggere per ogni destinazione.
Un bel modo per entrare già nello spirito del luogo. Potete trovarla su: Fb: racconti in valigia IG: cri_emme_blue LINK UTILI: Torna all'indice della guida. Cerca un hotel in Colombia. La Colombia in 2 settimane. Contattami per ricevere il .pdf della guida. |