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MYANMAR

2018

20 gennaio - 10 febbraio 2018



Per le immagini del viaggio clicca qui.









Volo: 
L'Asia è il continente più facile ed economico da raggiungere. Su questo "terreno" si danno battaglia le grandi compagnie mediorientali come Emirates ed Ethiad, le nuove emergenti cinesi e le storiche asiatiche come Thai, Cathai e Singapore.

Valutate bene la differenza di costo, la comodità degli orari e la lunghezza del volo prima di fare la vostra scelta. Il volo più economico non è sempre il migliore...


Se vi serve aiuto contattatemi.







Trasporti:
In questa avventura, ho viaggiato da solo. Ho voluto muovermi come si muove la gente del posto: utilizzando i trasporti locali, autobus notturni, treni,  sgangherate corriere, minibus, autostop, tuk tuk, chi più ne ha più ne metta!!!!     Viva l'Asia!!!

La rete stradale è abbastanza buona, mentre quella ferroviaria non è molto capillare. In alcuni casi può essere utile un voletto interno.






Accomodations:
Il mio viaggio è stato in stile "zaino-in-spalla". In Myanmar sono molto comuni gli ostelli, ce ne sono per tutti i gusti e i prezzi.
Nei luoghi più turistici esistono anche sistemazioni più eleganti e costose.


Se vi serve qualche dritta: contattatemi.

Il tasto qui sotto, vi aiuterà a trovare l'hotel o la guest house adatta alle vostre esigenze. Buona ricerca!!!





Pasti:
La cucina del Myanmar è forse meno raffinata di quella dei suoi vicini, ma è ricca di sapori e molto più consistente. Per via della sua posizione geografica, possiede un terreno fertile, acqua e molte braccia per coltivare frutta e verdura, che vengono poi cucinate in svariati modi prima di essere portate in tavola. Per via della sua diversità culturale, migrazioni dai paesi vicini e numerosi gruppi etnici e tribù, la cucina birmana gode di una diversità a volte sorprendente. Le varie etnie del Myanmar hanno ciascuna la propria cucina. Potrete quindi scoprire numerosi piatti man mano che vi spostate nell'entroterra.
 
Si inizia la giornata di buon mattino con una ricca colazione. Il pranzo invece non è molto importante. Segue una merenda costituita da tè con latte concentrato e dei naan o qualche altro snack. La giornata finisce con la cena, dove tutti i membri della famiglia si riuniscono intorno a una tavola bassa e dove tutti i piatti vengono serviti insieme. Se ne avete la possibilità approfittate di questa usanza e unitevi alla tavola come ho fatto io, è un'esperienza indimenticabile.
Basta uscire dall'hotel e camminare per qualche minuto sul marciapiede per trovare un mondo completamente diverso da quello degli altri paesi del Sud-est asiatico. Saloni da tè pieni, gente che cucina riso pilaf in grandi pentoloni, donne davanti ai templi che vendono torte di riso alla cannella o alla banana...
 
Ho mangiato i pasti migliori allontanandomi dagli hotel e dai luoghi turistici, seguendo la gente del posto, girando per i mercati e lasciandomi guidare dal mio spirito affamato di nuovi sapori.










Yangon

Suona la sveglia, apro gli occhi, è caldo, è umido, sono sudato. Ma dove sono? Sto sognando? Un attimo, realizzo, no, non è un sogno. Sono in Asia. Sono atterrato a Yangon nel cuore della notte, l’aria non era così e il taxi mi ha catapultato direttamente in ostello.

Un tempo chiamata Rangoon, la metropoli più vasta del paese è anche il suo cuore commerciale e intellettuale. Oggi è una città in continua metamorfosi, affascinante e decadende, cerca di modernizzarsi, ma è ancora legata al passato. Per arrivare al nuovo ristorante nel palazzo coloniale ristrutturato si deve fare lo slalom tra i mille banchetti di cibo di strada.

La Shwedagon Paya è il centro di tutto, ma passeggiando si incontrano moschee e chiese tutto in convive in un equilibrio che da la sensazione di essere alquanto precario.
Se ci si ferma alla ricerca di bei luoghi turistici curati e pronti per attirare gli occidentali in cerca di grandi bellezze è facile rimane un po’ delusi e sconsigliare questa città. Se invece si cerca di respirare il cambiamento di cui è intriso ogni luogo, allora questo è uno dei posti più interessanti del Myanmar. Al pomeriggio si fa shopping in un mercatino di strada e la sera si beve l’aperitivo su un rooftop con vista sul tramonto.


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Bago

Un treno suggestivo mi trasporta dalla metropoli alla campagna in 2 ore. Eccomi nell’antica la capitale del Myanmar meridionale. Oggi è difficile credere che questa sgangherata cittadina fosse cinta da mura con ben 20 porte. La città fu fondata nel sesto secolo e la sua importanza crebbe per quasi mille anni.

Qui si affitta un motorino e si gira tra una gran quantità di Buddha, templi e palazzi. È un luogo intriso di tradizioni e leggende, a partire da quella della fondazione della città legata ad una coppia di di hamsa, un uccello mitologico. È facile imbattersi in esibizioni di danzatori nat, artisti dall’aspetto decisamente mascolino ornati da veli e in abiti sgargianti accompagnati dal fragore delle orchestre tradizionali. Esiste persino un serpente sacro, un pitone lungo almeno 5 m e largo 30 cm, che vive in un tempio.

La leggenda più bizzarra di tutte è sicuramente quella della Golden Rock sul Monte Kyaiktiyo. Questo masso mantiene il suo precario equilibrio grazie a un capello del Buddha sapientemente collocato nel piccolo stupa sopra di esso. Pare infatti che il re Tissa avesse ricevuto la reliquia nell’XI secolo da un eremita, che l’aveva nascosta nella propria crocchia. Quest’ultimo suggerì al re di cercare un masso la cui forma ri­cordasse quella della propria testa e di porre il capello in uno stupa costruito sulla sua cima. Il re, dotato di poteri soprannaturali poiché figlio di uno zawgyi (alchimista) e di una principessa naga (serpente-drago), trovò il masso in fondo al mare. La barca usata per trasportare il masso si tramutò in pietra non appena giunse miracolosamente sul­la cima della montagna e oggi è possibile vederla appena arrivati in cima al monte.

La sera ceno assieme ai proprietari della piccola guesthouse dove soggiorno, tener testa i birmani “pesteggiando a rum” non è un’impresa facile, soprattutto alla sorella di Arthur.




Kayah State

 
Il minuscolo Stato Kayah e il suo affascinante capoluogo Loikaw sono tra le destinazioni meno visitate e più appaganti del Myanmar. Dalla tranquilla e ordinata città partirò all’esplorazione delle zone nei più remote. Lo stato si sta lentamente aprendo al turismo, ma non è ancora consentito pernottare al di fuori della città. Qui sorgono i villaggi kayan dove vivono le donne “dal collo lungo”. Preferisco non affrontare discorsi sull’etica di questa usanza, tantomeno sui rapporti tra queste minoranze e lo stato centrale. Purtroppo il Myanmar è ancora uno paese molto complesso con ancora molti aspetti sconosciuti alla maggior parte degli occidentali. Quello che mi sono limitato a fare, è cercare di recarmi nei villaggi nel modo più autonomo e meno invasivo possibile, evitando tour organizzati aggirando le agenzie turistiche. In questo modo ho cercato di portare il mio contributo direttamente agli abitanti dei villaggi senza intermediari. Ho passeggiato tra le strade sterrate osservando senza disturbare, sorridendo e scattando fotografie col permesso dei soggetti delle mie immagini. Mi sono sentito il benvenuto e ho apprezzato scorci di “vita vera” di tutti i giorni, non solo mercatini con souvenirs per turisti.


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Shan state

Quest’area del Myanmar è una delle mie preferite. Qui è presente una delle maggiori destinazioni turistiche del paese: il lago Inle. Questo stato permette ai viaggiatori di allontanarsi dai maggiori circuiti turistici per esplorare aree dove si avventurano ancora pochissimi stranieri. Parte della regione è tuttora inaccessibile a causa del perdurare degli scontri, ma un numero crescente di località si sta aprendo al turismo.

Lo stesso lago Inle e il suo “fratello” meridionale Moebyel, consentono di scoprire un Myanmar molto più autentico non appena ci si allontana dai percorsi organizzati dagli alberghi di Nyaungshwe. Per arrivare a questa famosa località turistica ho scelto di prendere un’imbarcazione locale che parte una volta al giorno da Phe Khon e che per 8 ore mi ha permesso di vivere a pieno il lago. La piccola barca salpa alle 9 e oltre le fermate previste nei villaggi effettua altre innumerevoli tappe richieste dai passeggeri di volta in volta. Capita di aiutare la vecchietta a salire a bordo, di essere ospitati per un caffe nella palafitta di un passeggero, di portare le offerte al monastero e perfino di consegnare un paio di gabbie con dei polli caricate al mercato.

Man mano che ci si avvicina alle zone più turistiche si incontrano le attrazioni più famose come gli orti galleggianti e i pescatori che remando con un piede simili a trampolieri in equilibrio sulla prua delle loro barchette.

Lo Shan non è solo Inle lake. Addentrandosi nelle sue campagne si incontrano innumerevoli mercati itineranti, che funzionano con lo stesso sistema di quelli del lago. I vari centri abitati ospitano a rotazione il mercato dei contadini, dove le tribù delle colline vendono bestiame e prodotti agricoli. Ciascuna località è sede di questo mercato in un giorno differente. Passeggiare tra la merce sistemata alla bell’e meglio e i mille odori è un’immersione nel Myanmar più autentico e tra la sua gente sempre sorridente. Non mi stuferò mai di visitare i mercati, sono uno spaccato di società sempre molto interessante.

Sulle colline si trovano templi scavati nella roccia che fanno rimanere a bocca aperta non appena si supera la soglia di quella che pare essere solo una facciata davanti ad una piccola grotta.

Le sorprese inaspettate sono la cosa che amo maggiormente di ogni viaggio. Passo in auto in un villaggio e mi imbatto in una partita di pallone con decine di monaci che tifano. Mi fermo a scattare qualche fotografia e questo diventa un fuoriprogramma ancora più piacevole del programma stesso…



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Mandalay

Eccomi nell’altra grande città del paese. Ne sentirete di tutti i colori e mille versioni contrastanti. Chi la ama e chi: “qui non c’è nulla da vedere, massimo un giorno”. Io faccio parte della prima categoria!
La seconda città più grande del Myanmar è infatti un concentrato di edifici di cemento, traffico, smog e rumori tanto assordanti da far impallidire una qualsiasi città asiatica. Tuttavia, sotto la superficie si annida un ricco bagaglio di cultura birmana. Se Yangon è un eclettico microcosmo che rappresenta tutta la nazione, Mandalay resta l’espressione urbana di un’identità etnica. Riconoscibile in mercati privi di turisti, in monasteri pieni di monaci ma senza i click delle macchine fotografiche delle comitive e nei dintorni ricchi di siti storici e religiosi di numerose capitali birmane successive a Bagan.
Lo so mi ripeto, ma non limitatevi alla Mandalay Hill e all’U-Bein bridge, perdetevi in un quartiere secondario, entrate in un antico zuccherificio e sedetevi in un angolo ad ammirare un’artigiana in una bottega e la città vi regalerà attimi unici.


Bagan

Marco Polo descrisse Bagan come “uno dei luoghi più belli al mondo”. Inutile cercare di descrivere l’emozione che si prova in questo luogo. Qualunque persona vagamente interessata ai viaggi ha certamente sognato guardando le immagini della valle dei templi di Bagan. Questo è uno di quei luoghi che costituiscono il mito per ogni viaggiatore, al pari della Grande Muraglia, del Taji Mahal, del Grand Canyon o del Machu Pichu.

In una sorta di frenesia edilizia durata più di due secoli e finita con l’invasione mongola del 1287, i sovrani di Bagan commissionarono la costruzione di oltre 4000 templi buddhisti. Queste strutture in mattoni e stucco sono quanto resta della grandiosa città e costituiscono uno dei panorami più unici immaginabili.

Trascorro qui tre giorni ammirando questo luogo da ogni angolazione e con ogni luce possibile. La mattina l’alba colora i templi di un caldo arancione con decine di mongolfiere sullo sfondo. Di giorno la valle fa da sfondo alle passeggiate dei turisti che cercano il luogo migliore da cui ammirare il tramonto. Il volo in mongolfiera è un esperienza davvero imperdibile che consiglio a chiunque non soffra troppo di vertigini. Gustate Bagan nel modo che preferite, a piedi, in bici, su uno dei mille motorini elettrici, da un carretto trainato dai cavalli, dalle mongolfiere, ma gustatela lentamente e in ogni momento del giorno.




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Mrauk-U


Se Bagan è la principale destinazione turistica del Myanmar, Mrauk U non ha nulla da invidiargli/le
Mrauk U è stata una delle più ricche città dell’Asia. Nel periodo di massimo splendore, fungeva da porto franco per gli scambi commerciali tra Medio Oriente, Asia, Olanda, Portogallo e Spagna. Nel XVII secolo, la città veniva paragonata a Venezia, Londra o Amsterdam.
Il secondo sito archeologico più famoso del paese, si distingue da Bagan pressoché sotto ogni aspetto. I templi sembrano fortezze, ma le spesse mura non servivano a difendersi dagli invasori, bensì per resistere ai forti venti. Sono più piccoli e recenti e, diversamente da quelli di Bagan, sono sparsi qua e là in un ambiente naturale ancora popolato e fiorente, punteggiato di vivaci villaggi, risaie e dolci colline. Affittare una bici e pedalare tra templi e villaggi è il modo migliore per visitare questa città incontrando la gente del posto e pochi turisti


Lo Stato Chin

Un altro luogo interessante dal punto di vista antropico è lo Stato Chin. Scarsamente popolato e assai carente di infrastrutture, è anche uno dei più remoti, poveri e meno sviluppati del Myanmar. Confina con il Bangladesh e con l’India. Il paesaggio è caratterizzato da colline ricoperte da dense foreste e montagne che superano i 3000 m e che sono separate da ampie vallate lungo le quali scorrono impetuosi fiumi. Questo è il luogo ideale per chi ama viaggiare fuori dagli itinerari più battuti.

Questa è la patria degli amichevoli chin, un'etnia tibeto-birmana originaria della Cina. Questa popolazione è famosa soprattutto per tradizione delle "donne tatuate".

Nel passato le donne si tatuavano il viso per evidenziare il passare degli anni e per mostrare l’appartenenza alla tribù. I primi segni venivano realizzati quando le ragazze raggiungevano la pubertà. Il tatuaggio era considerato segno di bellezza.
Questa popolazione abita in villaggi tradizionali. Visitare questi luoghi offre la rara opportunità di farsi un’idea dello stile di vita di questa etnia.


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In questi villaggetti termina il mio viaggio in un paese stupendo ed ancora in parte inesplorato. Un paese problematico, ma semplice. Un paese che inizia ad aprirsi al turismo, ma con ancora mille facce nascoste. Una paese con persone autentiche, sincere ed ospitali, ricco di storia e con una natura spesso ancora inesplorata. Veniteci presto, veniteci in punta di piedi e cercate di non rovinare questo incantesimo...




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